Neon Genesis Evangelion Vs Mazinga
L'incontro tra due capostipiti dell'animazione giapponese. E lo scopo finale è sempre lo stesso: salvare il mondo

Darik


Capitolo 8

Lentamente riapre gli occhi, e subito sente un fortissimo dolore alla pancia, un dolore talmente forte che sembra passarle da parte a parte il ventre.
Dove si trova?
In una stanza dalle pareti spoglie e bianche, sul soffitto un singolo lampadario al neon di forma quadrata.
Forse una stanza d'ospedale, visto che lei si trova anche sdraiata su un letto.
Prova ad alzarsi, ci riesce, ma appena si stacca dal cuscino la testa comincia a girarle come una giostra, e quindi la ragazza ricade sul letto.
Affianco al letto c'è un comodino con sopra una sveglia, lei gira la testa e guarda che ore sono. Le 6 e 20 del mattino.
Cerca di guardarsi per capire cosa indossa: una specie di pigiama bianco, e questo rafforza l'ipotesi che sia in un ospedale. Si sforza di rammentare cosa le è successo, ma i ricordi sono ancora confusi, molto confusi. I suoi ricordi sono solo dei flashback, lampi improvvisi che vanno e vengono senza alcun ordine apparente. Rammenta delle strane creature, lei combatte contro di loro a bordo del suo 02 e sembra farcela, ma poi arrivano altri mostri di colore rosso, e la situazione cambia radicalmente. Lei non era sola, c'erano anche un robot nero e bianco che non le stava affatto simpatico e c'era anche lo 01.
Non appena ricorda questa parola, le appare subito in mente un immagine: l'Eva-01 trafitto al petto dalla lama di uno dei mostri.
"Shinji!!" grida Asuka mettendosi a sedere sul letto e quasi incurante del martellante mal di testa che subito l'assale.

"Allora, a che punto sono le ricerche?" domandò impassibile Gendo Ikari al maggiore Misato Katsuragi che stava sull'attenti davanti a lui, seduto nella sua solita posa dietro la scrivania del suo ufficio. Affianco a Misato c'era Ritsuko. "Finora le ricerche hanno avuto esito negativo. Le abbiamo estese a tutta l'area del Giappone, chiedendo anche la collaborazione delle forze armate di auto difesa, ma senza trovare nulla" rispose Misato. "Ha studiato il dossier che le ho mandato?" "Si signore, e siamo andati subito a cercare nei luoghi dove sorgeva il laboratorio denominato Centro di ricerche fotoatomico, e abbiamo trovato solo un cumulo di rovine abbandonate da molti anni. Lo stesso vale per i controlli effettuati a maggiore profondità alla ricerca di livelli sotterranei." "Ciò non mi sorprende. Quel dossier è alquanto scarno di notizie perché la maggior parte delle informazioni sono andate perdute durante le guerre post Second Impact, ma risulta lo stesso che quel laboratorio fu bombardato con alcuni prototipi di mine N2. Ovvio quindi che non sia rimasto niente. Comunque c'era la possibilità che chi ha riportato alla luce la tecnologia del Mazinga, avesse insediato li la sua base, magari nel sottosuolo. Peccato. Però una cosa positiva c'è: quel dossier ci ha rivelato il nome del secondo Mazinga, ovvero Grande Mazinga. Inoltre, avete trovato tracce della ragazza inseguita da quel mostro organico?" "No. Dopo averla persa di vista nel caos della battaglia abbiamo setacciato tutto il bosco senza trovare nulla. Abbiamo però ritrovato Rei, in un punto poco distante dal luogo dello scontro, e stava bene, anzi, dormiva beatamente". Gendo spostò leggermente lo sguardo su Ritsuko: "Dottoressa Akagi, a che punto sono le riparazioni degli Evangelion?" "I danni inferti allo 02 sono gravi, ma dovremmo essere in grado di ripararli entro due giorni lavorando al massimo. Riguardo lo 01 potrà tornare operativo entro domani, perché a parte la ferita al petto non presenta altri danni se non alcuni leggeri tagli nella corazza." "E il pilota dello 02?" "Ha subito un feedback nervoso di media gravità che l'ha paralizzata interamente per alcune ore. Il suo sistema nervoso aveva bisogno di un lungo periodo di riposo e inattività per riprendersi, quindi le abbiamo somministrato un sedativo. I test medici hanno dimostrato che non necessita di altre cure. Già entro domani potrà tornare a casa". "D'accordo, potete andare". Le due donne salutarono il comandante con un leggero cenno della testa e uscirono dall'ufficio avviandosi verso l'ascensore situato all'estremità opposta del corridoio. "Il comandante ha sguinzagliato ogni mezzo della Nerv per rintracciare i due Mazinga. E il motivo mi sembra chiaro: vuole ritrovarlo" disse Ritsuko mentre premeva il pulsante di chiamata dell'ascensore. "Infatti" rispose impassibile Misato "ma vuole ritrovarlo in quanto pilota o in quanto figlio?" Ritsuko non disse nulla mentre entravano nell'ascensore e le porte si richiudevano davanti a loro.

Sente un leggero peso sul viso, accompagnato da un leggero e continuo rumore di macchinari simile ad un bip. Sotto di lui c'è qualcosa di morbido, sembra un materasso. Prova a muoversi, ma i muscoli sembrano come addormentati, i movimenti sono lenti, lentissimi, e costano grande sforzo. Cerca di aprire gli occhi per vedere dove si trova. Quello che gli si para davanti è un soffitto di un bianco sporco, con due luci al neon. Prova a muovere gli occhi e vede una mascherina per l'ossigeno sul suo volto, mentre la stanza è bianca e spoglia. Lui è su un letto, circondato da macchinari medici, e si sente delle bende su tutto il ventre e intorno al collo. Sulla parete destra c'è una finestra, non molto grande e a forma di oblò. Dietro il vetro c'è un azzurro intenso e leggermente scuro. "Che… che strano cielo…" pensa Shinji Ikari mentre viene colto da un improvvisa sonnolenza. Evidentemente i leggerissimi movimenti che ha compiuto sono stati troppo per il suo fisico debilitato. Sta per chiudere gli occhi, ma prima che questo avvenga per un attimo li spalanca sbalordito. Dietro il vetro ha visto passare qualcosa, qualcosa dalla forma affusolata. Un qualcosa che non avrebbe mai potuto vedere, se quell'azzurro fosse stato l'azzurro del cielo. "Un… un pesce!?" dice con un mormorio il ragazzo prima che la stanchezza abbia la meglio su tutto, anche sul suo stupore.

"Shinji… oh mio Dio. Il punto che ha colpito… li c'è l'Entry Plug!!! Shinji!!!! Shinji!!!!" Asuka osservava con terrore quella scena: l'Eva-01 era stato trapassato da parte a parte dalla lama del mostro meccanico. E a giudicare dai rumori che aveva sentito via radio, sembrava che la capsula di pilotaggio fosse stata presa in pieno. Quei maledetti mostri meccanici si erano rivelati più pericolosi del previsto, ancora letali anche dopo essere stati fatti a pezzi. Lo 01 si accasciò con le ginocchia al suolo e se non stramazzò fu solo per la lama che gli spuntava dalla base del collo. Il sangue dell'Evangelion cominciò a fuoriuscire dalla ferita. "Maledetti! Maledetti! Maledetti!" ringhiò Asuka, cercando di non pensare al fatto che Shinji poteva essere morto. Eppure una parte della sua mente sembrava volerla terrorizzare, proiettando nei suoi occhi immagini di Shinji tagliato in due parti esatte. Ma subito lo sgomento fu sostituito dalla rabbia, una rabbia immensa. "Muoviti, ferraglia rossa! Muoviti, muoviti, muoviti!" urlò la ragazza imprecando contro lo 02. E l'Eva sembrava che fosse sul punto di muoversi, cominciò a tremare, quando dal cielo giunse una voce: "THUNDER BREAK!" e un istante dopo un fulmine piombò sul mostro meccanico distruggendolo e facendogli estrarre la lama dal corpo dello 01, che stramazzò al suolo. Poi si sentì una specie di rombo, e davanti allo 01 atterrò un robot quasi identico a Mazinga Z. Il nuovo arrivato si chinò sulla schiena dello 01 e dopo alcuni brevi tentennamenti, dovuti probabilmente al fatto che non aveva capito subito quale fosse la posizione esatta della capsula, strappò via la copertura dell'Entry Plug estraendolo dall'umanoide. Il cuore di Asuka sobbalzò quando vide che il lato destro del Plug era percorso da uno squarcio orizzontale dai contorni perfettamente lineari. Dallo squarcio colava LCL rossastro, anziché arancione. "Il… il sangue…" mormorò Asuka, costretta a fare da spettatrice. Il secondo Mazinga posò a terra il Plug, poi dalla sua testa uscì un uomo, che indossava una tuta di colore soprattutto rosso con un casco bianco. Il pilota cercò lo sportello d'accesso della capsula, lo trovò e quando lo aprì altro LCL mescolato a sangue cadde per terra. L'uomo con la tuta rossa si affacciò dentro l'Entry Plug, poi rapidamente si strappò le parti della sua tuta che ricoprivano le braccia e le mise dentro il Plug. Infine chiuse lo sportello e risalì sul suo robot, che prese in mano la capsula. Il secondo Mazinga si alzò in volo allontanandosi velocemente, seguito dal Mazinga Z che nel frattempo si era rimesso in piedi barcollando un po'. Anche Mazinga Z si alzò in volo e nonostante le sue ali fossero alquanto malridotte, riuscì ad allontanarsi. Rimasta sola, Asuka fissò il punto nel cielo dove prima c'erano i due Mazinga. Poi spostò lo sguardo sullo 01, che giaceva abbandonato come la carcassa di un animale divorato dai predatori. Era sola, e per la prima volta la solitudine le faceva paura. "Ehi, Asuka!"

Asuka si svegliò di soprassalto, tutta sudata. Era ancora nella stanza d'ospedale, e davanti a lei la fissava una preoccupata Misato. "Ti agitavi nel sonno. Tutto bene Asuka? " domandò il maggiore. "Si, certo!" rispose Asuka mostrando una falsa sicurezza. "Sei venuta qui per sottopormi a qualche interrogatorio"?" continuò infastidita Asuka. "No, non preoccuparti, sappiamo già cosa è successo grazie al sistema di registrazione interno dello 02. In realtà sono passata ad augurarti la buonanotte. Io adesso torno a casa, ma penso che per te sia meglio trascorrere questa notte qui all'ospedale". Asuka guardò la sveglia sul comodino affianco al letto. Il display segnava le nove di sera. Aveva dormito per ben 15 ore?! "Ma porca…" si lasciò scappare la ragazza. "Cosa c'è?" "No, niente. Senti, io non voglio assolutamente passare la notte qui. Torno a casa con te!" disse risoluta Asuka. "Ma sei sicura? Forse dovresti…" "Non devo fare niente… qui!" Con un balzo Asuka scese dal letto, il corpo era solo leggermente intorpidito, e si piazzò davanti a Misato. "Allora, mi vai a prendere i vestiti che ho lasciato nello spogliatoio oppure devo andare in giro con questo camicione? Guarda che ne sarei capace!" sbottò il Second Children. "D'accordo, hai vinto. Vado a prenderti i vestiti, poi parlerò col medico" disse Misato alzandosi dal letto e uscendo dalla porta. Asuka rimase sola nella stanza. "Nuovamente sola, sempre sola. La solitudine mi fa paura, mi ha sempre fatto paura. Solo che adesso non riesco più a nasconderlo a me stessa. StupiShinji! Guarda come mi hai ridotto!"

Rei stava seduta sul pavimento della doccia, con le ginocchia portate al mento e le braccia che cingevano le pallide cosce della ragazza. Il getto d'acqua della doccia dall'alto le cadeva sulla schiena e in parte sui capelli e poi, formando un piccolo gorgo, si infilava silenziosa e veloce nello scarico. Era tutto buio e silenzioso nel suo nuovo appartamento, assegnatole dopo la distruzione del precedente, e identico a quest'ultimo perché situato nello stesso quartiere di condomini in fase di demolizione. Solitamente a Rei piaceva farsi la doccia, la sensazione dell'acqua che scorreva sul suo corpo l'aveva sempre trovata rilassante, rigenerante. E anche l'ambiente in cui si trovava era praticamente lo stesso in cui aveva vissuto per tanto tempo. Ma stavolta c'era qualcosa di diverso. Ma cos'era che non andava? Eppure sembrava tutto normale: era sola, come sempre, in mezzo al buio, in mezzo al silenzio. Era il nulla che lei conosceva bene, molto bene. E allora cos'era quella sensazione di disagio? Una sensazione di… vuoto… ma un vuoto strano… diverso da quello a cui era abituata… Forse aveva capito che il nulla poteva anche non essere il suo destino? E dopo aver capito ciò non riusciva più a sopportarlo sapendo che poteva avere qualcosa di meglio? "Se hai qualcuno che ti capisce, non sei più sola" disse la ragazza chiudendo gli occhi.

Shinji riaprì gli occhi di scatto e cercò di guardarsi in giro. Era ancora nella stessa stanza di prima, e anche quella strana finestra a forma di cerchio era sempre li. Ora finalmente sembrava sentirsi bene, la stanchezza di prima era scomparsa. E quindi adesso aveva il tempo per chiedersi: dove sono? Sono stato catturato dal nemico? Tutto quello che ricordava era che Asuka gli gridava di stare attento, poi sentì un dolore lancinante al collo e contemporaneamente un rumore come di metallo che veniva squarciato. Infine una sensazione di freddo al ventre e poi il buio. Ma adesso che si era ripreso, doveva cercare di venire a capo di quella situazione. Si mise a sedere sul letto, e subito fu colto da fitte di dolore al ventre, che era interamente coperto da bende. Ma le fitte di dolore non erano molto intense, e poteva muoversi. Quindi si tolse una flebo dal braccio e i vari sensori collegati agli strumenti medici, e scese dal letto. Però non appena gli strumenti cessarono di rilevare i suoi segni vitali, cominciarono a trillare come tanti campanelli e Shinji non sapeva come spegnerli. All'improvviso qualcuno entrò impetuosamente nella stanza, che disponeva di una porta automatica, Shinji sussultò e si girò. Era un uomo basso, tozzo e dalla mascella squadrata, che indossava una divisa scolastica vecchissima e piena di toppe. "Uè, ragazzino! Cosa fai?! Non puoi ancora scendere dal letto!" esordì l'uomo con un vocione rauco. "Eh?! Ma io…." L'uomo lo prese per un braccio e lo sbatté sul letto: "Sei ancora convalescente! E dovresti riposarti. Per recuperare le forze hai bisogno di mangiare, perciò…" Il nuovo arrivato uscì un attimo dalla stanza, sotto lo sguardo di un allibito Shinji che rimase ancora più allibito quando lo vide rientrare con un vassoio pieno di roba da mangiare di ogni tipo. "Mangia quanto vuoi!" continuò l'omone cominciando a ingozzarlo di cibo che gli ficcava in bocca con un cucchiaio gigante. Shinji cominciò ad annaspare e ad agitare le braccia come uno che sta soffocando, il cibo era buono, ma quell'omone gli dava una cucchiaiata dopo l'altra ad un ritmo frenetico, e ogni tanto anche lui dava un assaggio, anzi, un assaggione. "Ho… no… glub… fermati…" "Su mangia! E' tutta gnam gnam roba buona!" continuava a dire l'omone con un largo sorriso da idiota. Nel corridoio vicino passò in quel momento Tetsuya, che sentendo quel rumore provenire dalla stanza entrò e vide tutta la scena. "Boss! Boss! Fermati! Ma cosa vuoi fare? Ucciderlo?!" Boss sorpreso si girò e rispose: "Ma il dottore ha detto che si sarebbe ripreso e che avrebbe avuto bisogno di mangiare!" "Appunto. Mangiare, non morire soffocato dal cibo! Lascialo stare, che è meglio". "Ok, ok, me ne vado" sbuffò Boss uscendo dalla stanza e portandosi dietro il vassoio. Tetsuya si avvicinò a Shinji, che tossendo cercava di riprendere fiato. "Scusalo. Boss è un bonaccione, ma purtroppo ha una delicatezza da elefante. Tutto ok?" "S-si… coff coff.." "Mi sembra che tu ti sia ripreso bene… Shinji Ikari." Shinji fissò in viso lo sconosciuto che aveva di fronte: "Conosce il mio nome?" "Si. Abbiamo intercettato i messaggi radio che provenivano dalla tua base operativa. Io sono Tetsuya Tsurugi, piacere" rispose con calma Tetsuya porgendogli la mano. "Capisco…" disse Shinji dubbioso, poiché non sapeva se fidarsi o meno. Comunque gli strinse la mano. "Capisco i tuoi dubbi" continuò Tetsuya come se avesse letto i suoi pensieri "ma ti assicuro che sono infondati. Qui non sei affatto un prigioniero, anzi, ti abbiamo salvato la vita". "Davvero?" "Si. Il tuo Eva è andato in berserk, mi pare si chiami cosi, e ha dato una sonora lezione a quei mostri meccanici. Ma a quanto pare erano costruiti per resistere anche a danni gravissimi, e uno di loro è riuscito, quando sembrava finito tutto, a trafiggere il tuo Evangelion e a colpire quella capsula dove vi posizionate voi piloti. Sei rimasto ferito gravemente, io ti ho soccorso, e avevi il ventre squarciato, con tanto di intestini che sporgevano fuori dalla ferita." Shinji rabbrividì sentendo questo e si guardò il ventre: "Ero veramente ridotto cosi? Però adesso mi sento bene. Cioè, ho qualche fitta al ventre, ma se davvero fossi stato sventrato in quel modo, non dovrei sentirmi peggio? E Asuka, che ne è stato di Asuka?!" "Asuka? Ah, ti riferisci al pilota dello 02, vero? Sempre grazie alle intercettazioni radio, sappiamo che è salva, tranquillo". Sentendo questo, Shinji si calmò, ma non riusciva a spiegarsi come poteva sentirsi cosi bene se le sue ferite erano cosi gravi. "Se vuoi sapere come mai sei salvo, sappi che ti sei salvato perché nel nostro reparto ospedaliero usiamo una tecnologia avanzatissima e ormai perduta, la tecnologia degli antichi Micenei." "Micenei?" "E' una lunga storia, ma forse adesso sei stanco e vuoi riposare." "Non ho per niente sonno, adesso". "Capisco. Del resto hai dormito per un intero giorno, sotto l'effetto dei sedativi. Comunque, tu vuoi delle risposte, vero?" Shinji annuì in silenzio, Tetsuya allora aprì uno sportello del mobile che stava vicino al letto, e ne tirò fuori una tuta grigia mettendola sul letto. "Indossa questa, dovrebbe essere della tua taglia, e le bende per sicurezza non toglierle ancora. Io ti aspetto fuori dalla camera e quando sarai pronto, avrai tutte le risposte che vuoi". Tetsuya uscì e Shinji lentamente cominciò a cambiarsi. "Quel Tetsuya sembra un tipo a posto, forse posso fidarmi. Comunque ora come ora non posso fare altro che seguirlo e sperare che vada tutto bene". Mentre stava per infilarsi il vestito sopra le bende, le fissò: "Asuka, spero che tu stia bene. Sono sicuro che con te al mio fianco, non sarei cosi nervoso". Finito di vestirsi, guardò nuovamente la finestra a forma di oblò, e stavolta fuori di essa era tutto buio. "Mah, ma avrò visto veramente… un pesce? Forse è stato solo un sogno… " Shinji uscì dalla stanza e si ritrovò in un corridoio dalle pareti bianche e lisce, non molto largo, con Tetsuya che lo attendeva appoggiato con la schiena ad una parete. "Bene, andiamo" disse l'uomo quando lo vide. I due cominciarono a camminare lentamente, Shinji si guardava in giro curioso, ma quel corridoio era sempre uguale, solo ogni tanto era interrotto da qualche porta. Shinji prese coraggio e tentò di fare una domanda: "Mi scusi… signor Tetsuya.." "Odio sentirmi chiamare cosi. Mi sembra che mi diano del vecchio. Chiamami Tetsuya e basta" rispose l'uomo. "Mi scusi…" "Non fa niente. Cosa volevi dirmi?". "Ecco io… prima, alla finestra della mia stanza, ho visto passare un… " "Pesce". "Si! Ma come…" "Quella su cui sei adesso è una base sottomarina. E quella non era finestra, ma un vero e proprio oblò". "Una base sottomarina?" "Esatto. E adesso ti porterò da una persona che potrà spiegarti tutti i dettagli. Io invece non sono molto portato per le chiacchiere". I due giunsero alla fine del corridoio, e davanti a loro c'era un ascensore. Quando le porte si aprirono, Tetsuya entrò per primo, seguito da uno Shinji ancora dubbioso. L'ascensore molto rapidamente e senza un minimo rumore cominciò a salire, e quando le porte si riaprirono, Shinji si ritrovò davanti un enorme sala di forma rettangolare con molti macchinari e operatori in camice bianco intenti a lavorare. "Benvenuto nella nostra sala comandi" gli disse Tetsuya. Il ragazzo si guardò intorno: non si intendeva molto di tecnologie, comunque tutti quegli strumenti dovevano essere molto sofisticati, anche se la struttura di quella sala era meno complessa di quella del ponte di comando della Nerv. Ma l'attenzione di Shinji fu catturata da una poltrona situata proprio al centro della sala. Vi era seduta una persona che dava le spalle a Shinji, una persona con una capigliatura nera e folta, più di quella di Tetsuya. "Kabuto, il nostro giovane ospite si è ripreso" disse Tetsuya all'uomo seduto sulla poltrona. Quest'ultimo si girò, rivelandosi come un uomo di mezz'età che aveva conservato comunque lineamenti giovanili, a parte qualche ruga qua e là, e che indossava un completo nero sotto un camice bianco da scienziato. "Benvenuto ragazzo" lo salutò con un gentile e sottile sorriso l'uomo "Io sono Koji Kabuto, il direttore di questo centro di ricerche". "P.. piacere di conoscerla" rispose Shinji titubante. "Non essere troppo formale. Nessuno ha intenzione di farti del male" continuò Koji. "Va… bene". "Allora, a questo punto vorrai delle informazioni, e sarò ben lieto di dartele. Qui sei nella nuova sede del centro ricerche sull'energia fotoatomica, denominato Fortezza delle Scienze". "Energia fotoatomica? Non ne ho mai sentito parlare" ribatté perplesso Shinji. "E' una particolare forma di energia, un energia pulita e dalle potenzialità immense, scoperta da mio nonno, Juzo Kabuto, che aveva scoperto anche il japanium, un rarissimo minerale il cui unico giacimento fu scoperto sul monte Fuji più di quaranta anni fa. Dal japanium mio nonno ottenne la superlega Z, una lega di gran lunga superiore a qualunque altro metallo." "E perché adesso non le usano?" "Ora ci arrivo. Agli inizi degli anni settanta, mentre mio nonno, aiutato anche da mio padre Kenzo, approfondiva sempre di più la sua tecnologia basata sul japanium, una terribile minaccia si abbatté sul mondo: uno scienziato che si faceva chiamare Dottor Inferno, si era impossessato della tecnologia dei Micenei, e voleva conquistare la Terra. I Micenei avevano raggiunto un notevole sviluppo tecnologico, e avevano creato delle enormi macchine di svariate forme e dimensioni per proteggersi dagli invasori. Queste macchine noi le abbiamo chiamate mostri meccanici, e il Dottor Inferno decise di usarle per realizzare i suoi piani di conquista. Quando mio nonno se ne rese conto, decise di costruire un robot in grado di sconfiggere i mostri meccanici". "Sta parlando di Mazinga Z, vero?" Koji rimase in silenzio per qualche secondo: "Non proprio. In realtà mio nonno creò un primo potentissimo robot chiamato MazinKaiser. Ma siccome il suo potere distruttivo risultò troppo elevato, decise allora di costruirne una versione depotenziata, ovvero il Mazinga Z, che in seguito venne coadiuvato dal Grande Mazinga, un altro robot creato da mio padre Kenzo sulla base del lavoro svolto da mio nonno, e che venne affidato al qui presente Tetsuya. Come base operativa utilizzammo il centro ricerche per l'energia fotoatomica diretto dal professor Yumi, un caro amico di mio nonno". "Se noi adesso siamo qui, allora vuol dire che avete vinto la guerra contro il Dottor Inferno". "Certo. Fu una guerra molto dura, che costò molti sacrifici, il mio Mazinga Z venne distrutto nella fase conclusiva di tale guerra e allora lo sostituì col MazinKaiser, di cui fino a quel momento ignoravo l'esistenza. Grazie all'apporto decisivo del MazinKaiser riuscimmo ad ottenere la vittoria. E anche quando la minaccia del Dottor Inferno fu rimpiazzata da quella ancora più grande del redivivo impero di Micene, dopo una dura lotta io e Tetsuya riuscimmo a rispedire tutti quei mostri all'inferno. Questa espressione poi è particolarmente azzeccata, visto che i Micenei si erano rifugiati nelle profondità della terra. Tuttavia i governi del mondo, che ci avevano appoggiato, finirono con l'avere paura della tecnologia del Mazinga, e quindi decisero di porre un veto sull'utilizzo bellico di tale tecnologia. Il professor Yumi poteva dedicarsi solo a studi di carattere scientifico, su come impiegare l'energia fotoatomica per scopi pacifici. E non avemmo nulla da obiettare su questo. Quando poi il professor Yumi morì, io presi il suo posto. Ma quando avvenne il Second Impact e ci fu quel lungo periodo di guerre civili, il governo giapponese decise di spazzare via il centro di ricerche, timoroso che il nemico si impossessasse della nostra tecnologia. Sganciarono alcune bombe N2 e distrussero tutto, compreso il Grande Mazinga. Io, Tetsuya e Boss, un nostro amico, ci salvammo per miracolo, insieme ad alcuni tecnici e scienziati, ovvero quelli che vedi qui adesso. Mentre per il MazinKaiser non ci furono problemi, perché lo tenevamo custodito in una piccola base costruita dentro una montagna. Decidemmo di nasconderci, perché il governo giapponese avrebbe potuto cercare di ucciderci se avesse saputo che qualcuno era sopravvissuto alla distruzione del centro". "E poi cosa è successo?" domandò Shinji disgustato per la ferocia e l'ingratitudine del governo, che aveva distrutto coloro che in passato avevano salvato il mondo intero. "Qualche anno dopo, quando ormai ci eravamo rassegnati a trascorrere ciò che restava delle nostre vite nell'ombra, incontrammo uno scienziato fuggiasco come noi, Higuchi Ogisa, che aveva bisogno di aiuto. Ci disse di essere un brillante genetista, desideroso di riportare in vita la figlia morta, che era stato contattato da un misterioso individuo di nome Cerberus, che diceva di poterlo aiutare. Ma dopo aver scoperto che Cerberus in realtà bramava di conquistare il mondo, Ogisa era scappato portando con se il frutto del suo lavoro, e cercava qualcuno che potesse fermare Cerberus". "Non poteva rivolgersi al governo?" "Avrebbero riso di quella storia, lui non aveva prove dell'esistenza di Cerberus. O peggio ancora, potevano credergli e sottrargli il risultato delle sue ricerche. E in realtà anche noi eravamo restii a credergli. Ma non appena Ogisa ci disse che Cerberus usava la tecnologia degli antichi micenei per i suoi piani, in noi si riaccese il fuoco di una volta, e decidemmo di aiutarlo. Io e Tetsuya ricostruimmo Mazinga Z e il Grande Mazinga, e poi creammo la base dove ti trovi adesso, la Fortezza delle Scienze, basandoci su un progetto di mio padre Kenzo, una base in grado di muoversi sott'acqua e di riemergere al momento opportuno, del tutto autosufficiente e dotata dell'unica branca pacifica della scienza micenea, ovvero la loro tecnologia medica, che ti ha salvato la vita. Dovendoci muovere di nascosto, e avendo a disposizione pochi uomini e pochi mezzi, impiegammo anni per costruire tutto questo, ma fummo avvantaggiati dal fatto che anche Cerberus impiegò parecchio tempo per apprendere i segreti della tecnologia micenea. E col passare del tempo trovammo altri uomini valorosi disposti ad aiutarci." "Ma qual'era il frutto delle ricerche di Ogisa? Non voleva riportare in vita la figlia?" "Si, mediante un sofisticato clone, ma Cerberus applicò delle modifiche a questo clone, in modo da renderlo funzionale al suo piano di conquista, anche se ammetto che non lo conosciamo nei dettagli. E purtroppo Ogisa non volle saperne di interrompere il suo lavoro, e non volle neppure eliminare le modifiche apportate da Cerberus, perché tali cambiamenti permettevano al clone di difendersi efficacemente da eventuali nemici. Il disperato amore paterno di Ogisa aveva annebbiato il suo senso di responsabilità. Quando fu sul punto di concludere il suo lavoro, fece giusto in tempo ad informarci che Cerberus lo attaccò." "Si riferisce all'attacco di alcuni giorni fa a Tokyo?" "Esatto. Arrivammo in tempo per impedire che il lavoro di Ogisa cadesse in mani sbagliate, ma non riuscimmo a salvare il dottore, e poi perdemmo le tracce del clone, che si chiama Nadia. Infine il clone finì a Neo-Tokyo 3, e il resto lo conosci". Shinji rimase in silenzio per un po', cercando di chiarire nella sua mente quello che aveva sentito. In lui c'era stato un primo istinto di offrire il suo aiuto, per quanto scarso, a quegli uomini. Ma aveva già abbastanza problemi con la sua vita privata e gli Eva, per impelagarsi nelle faccende altrui. Quindi non volle fare altre domande su quella vicenda, mettendo a tacere la sua curiosità. Ci pensassero i Mazinga a sconfiggere quel Cerberus. "Capisco quello che ha detto. Ma adesso che volete fare di me?" Koji e Tetsuya si guardarono, poi il primo disse: "Come ti ho già detto, nessuno vuole farti del male. Per adesso sei ancora convalescente, ma quando ti sarai ripreso del tutto, ti riporteremo a Neo-Tokyo 3". "Grazie". "Tetsuya, perché non fai fare un giro della nostra base a questo ragazzo?" "D'accordo" rispose Tetsuya che condusse Shinji all'ascensore in modo che potessero scendere.

Dentro l'ascensore, Tetsuya osservava Shinji che restava in silenzio. "Sei rimasto senza parole, ragazzo?" "Eh?... No, non è questo. E' solo che…." "Meno sai di questa faccenda, meglio è. E' questo che pensi?" Shinji rimase zittito da quelle parole. Tetsuya sorrise: "Lo immaginavo. Purtroppo il mondo va cosi, ognuno si fa i fatti propri, e non vuole immischiarsi nelle questioni degli altri". "Lo so bene, questo" commentò Shinji. In fondo, lui era un ottima dimostrazione vivente di quell'egoismo. "Sai, adesso potrei farti una delle solite prediche che si facevano una volta, per farti capire quanto sbagli a pensare queste cose, l'importanza dell'altruismo… ecc ecc. Ma non lo farò. Perché dubito che quattro parole pronunciate da uno sconosciuto possano scuoterti nel modo giusto. Se vorrai restare ancora con noi, osservandoci, forse capirai qualcosa, ma dev'essere una tua scelta". "Ma perché voi dovreste interessarvi a me? Non ci conosciamo per niente". "Perché è evidente che soffri, il tuo animo è tormentato da qualcosa. E se possiamo fare qualcosa, vorremmo farla". Shinji rimase ancora in silenzio. Che fosse questa la mano che attendeva segretamente? Che finalmente fosse arrivata davvero l'occasione per lui di migliorarsi? Ma voleva veramente cambiare? In fondo, anche in quelle condizioni, un certo equilibrio l'aveva raggiunto. Però, se cercava di cambiare tutto, non avrebbe travolto la sua già fragile esistenza? Se non voleva correre quel rischio, allora non doveva fare niente. "Le vostre motivazioni mi sono poco chiare" disse Shinji, cercando di far capire a quell'uomo che quell'argomento non gli interessava. Le porte dell'ascensore si aprirono e i due uscirono. "Vieni, in attesa ti faccio visionare i lavori di riparazione dei Mazinga". Attraversando un corridoio, giunsero in un immenso hangar, dove decine di tecnici, direttamente o con l'ausilio di bracci meccanici, stavano riparando il Mazinga Z, circondato da una serie di impalcature. Il Grande Mazinga invece non aveva bisogno di riparazioni e se ne stava quasi in disparte in un angolo, in piedi e immobile, silenzioso spettatore delle riparazioni del suo 'fratello minore'. Tetsuya e Shinji osservavano il tutto da una rampa a mo di balcone. "Accidenti, quanto lavoro" commentò Shinji osservando quei tecnici che si muovevano di corsa da una parte all'altra dell'hangar tenendo in mano schede tecniche o impartendo ordini agli addetti dei bracci meccanici, che con precisione chirurgica saldavano e sostituivano i pezzi danneggiati. "Nella vostra base della Nerv, non riparate in questo modo gli Evangelion?" chiese Tetsuya. "Be no. Cioè, io non ne capisco molto, ma i nostri tecnici si limitano a riparare i danni alla corazza dell'Eva, mentre i danni inferti direttamente all'umanoide si rigenerano da soli". "Molto comodo. Vuoi andare a vederli più da vicino?" "Davvero posso?" esclamò contento Shinji, che rimase sorpreso dalla sua stessa reazione: si comportava come un bambino felice per aver ricevuto il permesso di salire sulle giostre. "Certo che puoi. Andiamo". Ma quando si avviarono verso la porta che permetteva di scendere dalla rampa, qualcuno entrò da quella stessa porta e si piazzò davanti a loro. "Ben arrivato Ken. Ti presento Shinji Ikari, il pilota dell'Eva-01" disse Tetsuya al nuovo arrivato. Ma Ken ignorò Shinji, senza degnarlo neanche di uno sguardo, e parlò direttamente a Tetsuya: "Sempai, vorrei sapere a che punto sono le riparazioni del mio Mazinga Z". Shinji non rimase sorpreso più di tanto, era evidente che quel tipo lo detestava, ma lui era abituato a questo. Tetsuya invece rispose a Ken: "Saranno tutte completate entro domani" e nello stesso tempo lo fulminò con uno sguardo severissimo. Ken capì l'antifona, guardò Shinji, con sufficienza, e gli porse la mano. Shinji gliela prese, e Ken strinse forte mentre diceva: "Sono Ken Yamashita, pilota del Mazinga Z". "Shinji Ikari" rispose l'altro ragazzo. Sentita la risposta, Ken se ne andò. "Sembra che non gli sia simpatico" disse Shinji. "Infatti. Vorrei dirti che è solo apparenza, che in realtà è un bravo ragazzo, e potrebbe pure esserlo, ma anche se lo fosse, non fa nulla per mostrarlo. Ken è un teppista vero e proprio, che ho tolto dalla strada perché avevo intuito il suo talento. E' molto bravo, ma anche molto egocentrico, ritiene di non aver bisogno di nessuno, e ha deciso di pilotare il Mazinga per sentirsi superiore a tutti. Per certi versi assomiglia a me quando ero più giovane, sai anche io ero molto egocentrico, e mal sopportavo gli ultimi arrivati che si dimostravano più bravi di me. Lo trovavo ingiusto, io sin da piccolo mi ero sottoposto a duri allenamenti per guidare il Grande Mazinga, e mi riempiva di rabbia vedere qualcuno, salito quasi per caso sul Mazinga, ottenere risultati come i miei. Però io combattevo per il bene dell'umanità, non per far vedere agli altri quanto ero bravo". Shinji guardò Tetsuya e sorrise. "Perché sorridi?" "Perché conosco una persona che per certi aspetti assomiglia sia a lei che a Ken" rispose Shinji. Certamente il ragazzo si riferiva ad una certa ragazza dai capelli rossi. "Oh… capisco. Comunque non prendertela per Ken, è fatto cosi. Gli Evangelion non gli piacciono, e quindi non gli piacciono neanche i piloti di Eva, li ritiene dei perdenti".

Quando i due scesero nell'hangar, Tetsuya presentò Shinji ad alcuni tecnici, che si dimostrarono molto cordiali con lui. Il ragazzo osservava col naso all'insù i due Mazinga, giganti di metallo che avevano salvato l'umanità in passato. Poi Shinji scorse qualcosa con la coda dell'occhio. Gli era parso di vedere una figura avvolta in una veste bianca scomparire in un corridoio che portava fuori dall'hangar. Sentendo una strana e irresistibile curiosità, e del tutto dimentico di Tetsuya e degli altri, Shinji si diresse verso quel corridoio, e lo percorse molto rapidamente, scoprendo che conduceva ad una porta blindata di colore nero. Shinji toccò con una mano la porta blindata, che aveva una piccola tastiera digitale nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la maniglia. "Cosa ci sarà dietro questa porta…" si chiese Shinji, che sembrava come ipnotizzato. Improvvisamente, dall'altra parte del corridoio arrivò Tetsuya: "Shinji! Finalmente ti ho trovato". Shinji spaventato si voltò e mise le mani dietro la schiena, come se nascondesse qualcosa. "Mi… mi scusi. Io non volevo… fare nulla!" "Meno male che ti ho trovato. Questa base è grande, potevi perderti. Se vuoi andare in giro, fatti accompagnare da me". "Si… mi scusi" ripeté Shinji chinando la testa. Tetsuya si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla: "Adesso non spaventarti. Non è successo nulla". Poi l'uomo guardò la porta dietro il ragazzo e rimase pensieroso. "Dai, continuiamo il giro della base, poi ti mostrerò il tuo alloggio. Non penso che tu abbia più bisogno di stare in infermeria". Tenendo sempre una mano sulla sua spalla, Tetsuya condusse Shinji fuori dal corridoio. Il ragazzo si voltò un ultima volta verso quella misteriosa porta blindata, e sentì un brivido lungo la schiena.

Misato stava seduta davanti alla scrivania in camera sua. Il volto della donna era illuminato dalle immagini provenienti dallo schermo del suo computer portatile, che trasmetteva il filmato del combattimento tra Eva 01 e mostri meccanici del giorno prima, registrato dal sistema di telecamere dell'Eva 02. Lo 01 in berserk aveva nuovamente scatenato la sua furia primigenia, distruggendo i nemici con una violenza e con un potere che avevano lasciato allibita Misato. La donna credeva di essersi ormai abituata a quello spettacolo, d'altronde aveva già assistito a due berserk dello 01, ma non era cosi. Gli Evangelion avevano ancora parecchi segreti anche per coloro che li avevano costruiti, e affidarsi a loro poteva sembrare, e forse lo era, un azzardo. Se le cose stavano cosi, allora era un gesto da stupidi continuare ad usarli. "Da stupidi oppure da disperati" mormorò Misato mentre premendo un tasto bloccava l'immagine un istante prima che uno dei mostri meccanici trafiggesse lo 01 al collo con una lama retrattile. Era la quarta volta che visionava quel filmato, e ogni volta che arrivava a quel punto, le veniva un groppo in gola, oppure si copriva il collo con una mano, come se avessero trafitto lei e non l'Eva. E adesso non se la sentiva più di sopportare quella vista. "Mio Dio… Shinji… cosa ti hanno fatto…." Il filmato più avanti mostrava l'arrivo del Grande Mazinga, il cui pilota soccorreva Shinji e poi lo portava con se chissà dove, sicuramente per assicuragli cure mediche. "Se ti hanno soccorso, allora eri vivo. Ma adesso come stai? Quelli che ti hanno portato via non si sono fatti sentire. Non sappiamo nulla delle tue condizioni. Voglio credere con tutto il cuore che sei vivo, ma le immagini dell'Entry Plug ridotto in quel modo, l'LCL mescolato con tutto quel sangue…" Quelle immagini la tormentavano eppure continuava a guardarle, perché? Forse per punirsi. Punirsi perché anche se voleva bene a quei ragazzi, non esitava a coinvolgerli in battaglie sanguinose. La sua mano aveva il palmo aperto, in modo da poter dare delle carezze, ma nello stesso tempo quel palmo aperto serviva anche a spingere dei poveri quattordicenni a bordo di giganteschi umanoidi perché combattessero. Consolatrice e insieme aguzzina, ecco cosa si sentiva di essere, una bella contraddizione. Ma era una contraddizione in sintonia con la sua vita, tutta basata sui contrasti. Un atteggiamento sbagliato, solo che lei fingeva di non accorgersene, un'altra sua 'ottima' abitudine. Però quelle immagini… lo 01 trafitto… Shinji scomparso, ferito e forse morto… E tutto per colpa sua, perché lei lo aveva spinto a salire nuovamente sull'Eva. Prima di quel combattimento Shinji le aveva chiesto aiuto, non credeva più nel suo ruolo di pilota, e lei aveva saputo dirgli soltanto di continuare a salire sull'Eva. Sicuramente Shinji era risalito sull'Eva per seguire il suo consiglio ed ora quelle immagini le mostravano le conseguenze del suo dannato gesto e la tormentavano. Un tormento a cui si sottoponeva volontariamente, spinta da quella parte di se che era consapevole di sbagliare. Ma poi arrivò l'altra parte di se stessa, quella che voleva continuare a vivere in quel modo per proteggersi dalla realtà. "Io ho fatto il mio dovere di ufficiale strategico della Nerv". Una semplice scusa. "No. Era il mio dovere". Non sempre fare il proprio dovere significa fare anche la cosa giusta. "Basta!" Misato brusca spense il PC e si alzò dalla sedia, doveva riposarsi gli occhi dopo ore passate davanti ad uno schermo, prima alla base e ora a casa, alla ricerca di eventuali indizi sull'ubicazione della base dei Mazinga o dei mostri meccanici. E i risultati erano stati nulli. La donna andò in cucina a prendersi una lattina di caffè, niente birra. Pen Pen dormiva tranquillo e beato nel suo frigorifero, mentre Asuka stava seduta con le gambe incrociate sul pavimento in soggiorno e guardava la televisione. "Non riesci a prendere sonno, Asuka?" chiese Misato. "In quel dannato ospedale ho dormito per più di mezza giornata. Come posso avere ancora sonno?" rispose brusca Asuka. Misato si avvicinò ad Asuka e le mise una mano su una spalla, ma la ragazza se la tolse di dosso. "Non sono una mocciosa bisognosa di coccole!" "Va bene, va bene. Io vado a riposare, anche se so già che sarà difficile". "Perché difficile? Per quello che è successo a stupi-Shinji? Ti preoccupi troppo secondo me, vedrai che quell'idiota tornerà presto, forse pure troppo presto! Perciò non vale la pena di stare in ansia." "Ne sei sicura?" "Certo che ne sono sicura. So per esperienza che gli idioti sono duri a morire!" Misato ascoltò in silenzio e andò nella sua camera, per poi voltarsi verso il soggiorno. "Povera Asuka. Combattuta tra l'apparire forte e la sua solitudine. Le parole che mi ha detto in realtà erano rivolte a se stessa, per rassicurarsi che Shinji sta bene e che tornerà presto da noi".

Shinji stava sdraiato sul letto della stanza assegnatagli da chi lo ospitava. Il letto era comodo e la stanza arredata con una scrivania e un piccolo armadio. Prima aveva ricevuto un'altra visita di quello strambo Boss, che lo aveva intrattenuto giocando a carte e lo aveva anche assordato con un numero imprecisato di risate sguaiate. Boss diceva che era un asso nel giocare a carte, ma chissà come, su dieci partite non ne aveva vinta neanche una. E poi, quando se ne andò, disse che lo aveva fatto vincere perché convalescente, ma siccome sudava vistosamente, a Shinji venne il dubbio che non avesse perso volontariamente. Adesso però Shinji non riusciva a dormire, sia perché aveva già riposato per tutto il giorno, sia perché era preso da un turbine di pensieri sulle cose nuove che aveva visto. E continuava anche a pensare ad Asuka, chiedendosi come stava e cosa stava facendo in quel momento. "Quanto vorrei che stesse pensando a me in questo momento. E forse lo sta pure facendo, ma solo per chiedersi che fine ha fatto il suo giocattolo preferito. Che tristezza, essere innamorato di qualcuno che non ricambia. Dovrei cercare di distrarmi, ma non ho con me il mio fido SDAT Player. E questo posto è cosi silenzioso, che non posso neanche concentrarmi su qualche rumore". Difatti nel corridoio fuori dalla stanza c'era un silenzio assoluto, e anche se nelle stanze che affiancavano quelle del ragazzo ci fosse stato qualcuno, le pareti erano cosi spesse che non si sentiva nulla. D'un tratto quel monotono silenzio fu interrotto da strani passi. Shinji riuscì a sentirli perché la porta non era spessa quanto le pareti e li trovò strani perché avevano un ritmo claudicante e molto lento. Incuriosito Shinji si alzò dal letto, si avvicinò alla porta e questa si aprì non appena il sensore ottico rivelò la presenza del ragazzo. Shinji rapidamente si spostò di lato, preferiva non essere visto da chiunque stesse camminando in quello strano modo, e quando il rumore si allontanò, si affacciò nel corridoio. Non c'era nessuno, ma il rumore di passi era ancora udibile, e velocemente Shinji si infilò nel corridoio per seguirlo. Non sapeva nemmeno lui perché lo facesse. Che cosa gliene importava in fondo? E perché doveva correre eventuali pericoli quando poteva tranquillamente starsene nella sua stanza? Forse la risposta era legata alla misteriosa porta blindata. Più di una volta quella sera si era chiesto che cosa ci fosse li dietro, non lo aveva chiesto a Tetsuya quando la vide la prima volta perché pensava sempre che meno cose sapeva di quella faccenda e meglio era. Ma da quel momento la curiosità aveva cominciato lentamente a divorarlo, l'immagine di quella porta si era senza motivo apparente insinuata tra i pensieri fissi del ragazzo, e ora sperava segretamente che quegli strani passi appartenessero a qualcuno in grado di svelargli il mistero dietro quella porta blindata. C'erano molti corridoi, Shinji non incontrò nessuno e qualche volta fu sul punto di perdersi, ma siccome quei passi erano molto lenti, il ragazzo non aveva eccessivi problemi a ritrovarli ogni volta che smarriva la strada. Finalmente trovò in un corridoio la persona da cui proveniva quel rumore di passi, un uomo che gli dava le spalle, con indosso un camice bianco, che si muoveva su delle stampelle. "Ecco perché quei passi mi suonavano strani. Ma mi sembra una figura familiare…" L'uomo con le stampelle si fermò davanti ad una porta nera, e digitò un codice su una piccola tastiera che si trovava affianco alla porta. La porta nera si aprì, ma l'uomo anziché entrare si voltò all'indietro e Shinji, che lo stava guardando affacciandosi leggermente dal corridoio, di istinto indietreggiò. "Puoi venire fuori da lì… Shinji Ikari" disse l'uomo con le stampelle. Shinji riconobbe la voce: "Signor Kabuto!" e, vistosi ormai scoperto, si fece vedere. Koji sorrise beffardo: "Decisamente fai troppo rumore per poter essere un buon pedinatore". Shinji si sforzò di rispondere: "Da… da che pulpito viene la predica". Koji lo guardò inizialmente sorpreso e poi scoppiò a ridere: "Ah ah ah ah ah! Giusto, hai perfettamente ragione! Data la mia condizione, sono l'ultimo che può permettersi tali commenti". L'uomo fece cenno al ragazzo di avvicinarsi. "Quando l'ho vista prima nella sala di controllo, non mi ero reso conto che usasse le stampelle" disse Shinji. "Già. Queste stampelle sono retrattili, quando non devo usarle posso ridurle a dei piccoli bastoni che stanno comodamente in una tasca del camice. Ora andiamo". "Dove?" "Dentro questa stanza. Non sei curioso di sapere cosa c'è dentro?" "Be… io…" "Guarda che io l'ho capito che in realtà hai altre domande da fare, ma non vuoi dirle perché non vuoi immischiarti ulteriormente in questa faccenda". "D… davvero?" "Con la mia esperienza di vita, certe cose si capiscono a occhio. Ho imparato a conoscere le persone scrutando i loro volti. Vieni". Koji entrò nella stanza seguito da un titubante Shinji. La stanza era del tutto spoglia, solo grigie pareti e non era molto grande. Gli unici oggetti presenti erano due lapidi situate in fondo alla stanza, per terra. Koji si avvicinò alle lapidi, e Shinji vide che c'era qualcosa scritto su di esse: su quella a destra era riportata la scritta 'SAYAKA YUMI' e sull'altra 'SHIRO KABUTO'. Shinji fissò in silenzio quelle lapidi, che gli ricordavano quella di sua madre Yui, anche se quella era a forma di croce. "Chi sono?" "Sayaka Yumi, la figlia del dottor Yumi, nonché l'unica donna che abbia mai amato. Mentre Shiro era mio fratello minore." "Quando sono…. Si, insomma…" "Durante l'attacco condotto dal governo giapponese contro il centro di ricerche dell'energia fotoatomica. Sayaka era la mia assistente diretta, mio fratello invece era un ingegnere. Quando ci fu l'attacco, cercai di condurli al sicuro nei sotterranei, ma il soffitto di un corridoio ci cadde addosso. Io mi gettai sopra di loro, per fargli scudo col mio corpo. Ma il destino mi aveva riservato una sorte tragica e ironica: io, pronto a dare la mia vita per loro, mi salvai, e loro invece morirono. Quando mi accorsi che erano morti, anche il mio cuore morì con loro. Incurante del finimondo che succedeva intorno a me, stringevo i loro corpi in attesa della morte, che mai come in quel momento sarebbe stata più gradita. Poi, in mezzo a quel caos, arrivò Tetsuya e mi trasportò a forza via da lì. Non appena uscimmo da ciò che restava del centro ricerche, un nuovo bombardamento diede il colpo di grazia alla struttura, e ci privò della possibilità di dare almeno una sepoltura a Sayaka, Shiro e tutti gli altri. Queste lapidi sono semplici decorazioni". Shinji osservò prima le lapidi, poi l'espressione di Koji, sempre imperturbabile. Stando a quello che aveva detto, doveva aver sofferto molto. Eppure il suo viso e la sua voce non facevano trasparire alcun emozione. Come se lo avesse intuito, Koji continuò a parlare: "Io ormai non posso più versare lacrime. Perché le versai tutte in quel momento, singhiozzando come un bambino, tenendo tra le braccia la mia amata Sayaka e mio fratello. Niente sarà più in grado di farmi piangere, perché niente potrà ferirmi come quella volta." Shinji, sentendo quelle parole, pensò chissà per quale motivo a suo padre Gendo. Forse perché l'espressione di Koji in quel momento gli ricordava quella di Gendo, di un uomo che dopo aver toccato l'apice del dolore emotivo, era diventato impermeabile ad esso. "Come… come ha fatto ad andare avanti? Con tutto quello che è successo, dove ha trovato la forza?" "Ti dirò che i primi tempi ero distrutto, ma soprattutto nel fisico. La mia schiena era uscita a pezzi dal crollo, non potevo camminare e a malapena muovevo le braccia. Quando poi scoprimmo come usare la tecnologia medica dei micenei, riuscì a recuperare l'80% di mobilità delle braccia e il 30% delle gambe. Ma come pilota di Mazinga ero finito, i miei riflessi ormai erano più lenti di quelli di una lumaca. Tuttavia decisi di non arrendermi, decisi di combattere. Per impedire che succeda ancora". "Impedire?" "Si. Impedire che altre persone innocenti provino quello che ho provato io. Per impedire che donne e uomini vengano privati della possibilità di essere felici, della possibilità di vivere. Io ho toccato le soglie del vero dolore, e farò tutto quanto sarà in mio potere per evitare tali sofferenze agli altri. L'ho promisi a Sayaka e Shiro, mentre osservavo le rovine in fiamme del centro ricerche. E io vengo qui non per piangere, ma appunto per rinnovare la promessa". Le gambe di Shinji cominciarono a tremare, e fece per andarsene da li. La vergogna si impadronì di lui. Perché anche lui aveva provato grandi dolori nel corso della sua giovane vita, ma anziché reagire di fronte ad essi, come aveva fatto Koji, si era chiuso a guscio, diventandone succube. E ora provava vergogna nello stare vicino a quell'uomo, che rappresentava ciò che anche Shinji avrebbe dovuto essere se non fosse stato bloccato dalla sua vigliaccheria. "Mi dispiace" mormorò Shinji avviandosi bruscamente verso l'uscita della stanza. "Un momento" lo richiamò Koji "prima non vuoi sapere cosa c'è dietro la porta blindata nera?" Shinji rimase di sasso: "Come… come lo…" "Come lo so? Me l'ha detto Tetsuya prima. Ciò che è successo in quel momento l'ha fatto riflettere, e fa riflettere anche me. Perciò vieni con me, ti mostrerò cosa c'è oltre quella porta". Shinji avrebbe voluto rifiutarsi, ma il sapere che finalmente la sua curiosità sarebbe stata soddisfatta, gli impedì di obbiettare. I due ripercorsero la serie di corridoi, tornarono nell'hangar dove troneggiavano Mazinga Z, ormai quasi del tutto riparato, e il Grande Mazinga e infine si trovarono di fronte alla misteriosa porta nera. Koji, dando le spalle a Shinji, cominciò a digitare il codice per aprirla, ma quando arrivò all'ultimo tasto, si fermò e chiese al ragazzo: "Senti Shinji, tra le domande che non hai fatto, qual è quella che ritieni più importante?" Shinji trovò strana quella domanda, comunque ci rifletté sopra e rispose: "Be, lei prima ha parlato di un altro Mazinga, il MazinKaiser, scampato alla distruzione del centro di ricerche. Volevo sapere che fine ha fatto questo modello di Mazinga". Sentendo questo, un largo e soddisfatto sorriso si disegnò sul volto di Koji, che premette l'ultimo pulsante. La porta sibilando si aprì.

Nella sua base, Cerberus sorseggiava un bicchiere di vino mentre osservava il suo acquario. Lo trovava sempre molto rilassante. Poi da una porta entrarono Gog e MaGog. "A che punto siamo col condizionamento della nostra ospite" volle sapere Cerberus che non degnò di uno sguardo i due gemelli. "Continua a resistere, ma tempo tre giorni e sarà pronta" rispose Gog. "E per quell'altra faccenda?" "Ormai siamo sul punto di localizzarli. Questione di ore" disse MaGog. "Non dimenticatevi poi della seconda missione da affidare ai nostri uomini. Mi raccomando, che siano autentici professionisti, il loro lavoro dovrà essere molto preciso". "Li abbiamo già scelti, agiranno nella notte dello stesso giorno" spiegò Gog. Cerberus bevve un sorso di vino e poi sfoggiò un sorriso quasi da squalo. "E' decisamente gratificante sapere che tutto procede come programmato".